Racconti
Marilena Ricchiuti
QUESTO E’ DAVVERO L’INCREDIBILE
9 marzo, esce il decreto “Io resto a casa” viene dichiarata tutta l’Italia zona arancione con gli obblighi di distanziamento sociale fino al 3 aprile.
Erano giorni che aleggiava un senso di pericolo e di morte.
La cosa che più mi sconvolgeva erano i racconti dei parenti che vedevano scomparire in ambulanza le persone a cui volevano bene e non ne avevano più notizie se non l’anuncio della loro morte.
L’impossibilità di accompagnarli , tenerergli la mano, abbracciarli per l’ultima volta, mi angosciava.
Un magone costante, un nodo alla gola che non si scioglieva, le lacrime si affacciavano ma io le trattenevo, le ricacciavo.
Una solitudine esasperante e una vergognosa invidia.
Per chi solo non lo era e poteva condividere questo bruttto momento.
Per chi era impegnato con il lavoro smart da casa.
Per chi era in prima linea e faceva di tutto per salvare delle vite.
E poi il senso di colpa per non essere invece infinitamente grata della fortuna di non aver nulla e nessuno di cui preoccuparsi.
Inquieta, spaesata, furtiva, vagavo intorno al quartiere.
Colpevole anche solo per essere uscita.
Arrivata davanti a casa, proprio non ce la facevo, il portone mi respingeva.
Non volevo tornare a casa da sola con questo peso.
Ho pensato allora di chiamare un’amica e di chiederle di affacciarsi al balcone.
Una situazione surreale.
Io seduta su un muretto in strada, una strada deserta, e lei con il viso che sbucava tra le fronde della piante del suo balcone al secondo piano.
Entrambi al telefono.
“Ciao come stai?”
Ed io, come una diga trattenuta solo da un dito in una crepa, sono crollata.
Ho pianto come da tanto non facevo, un pianto irrefrenabile.Non riuscivo neanche a parlare.
“Piangi non vergognarti, guarda che non sei strana sento anch’io le stesse cose”.
E’ stato un abbraccio dolce, quello di cui avevo bisogno.
Ho pianto una sera intera.
E poi è arrivato il giorno dopo, il pensiero più calmo, l’accettazione.
La rassegnata consapevolezza che le cose vanno avanti nonostante e comunque.
Questo è davvero l’incredibile.
VI PREGO SVEGLIATEMI
Sono le due…e non riesco a dormire, mi giro e mi rigiro nel letto.
Vedo quel sentiero dietro casa, quello che attraversa il parco, una linea di confine invisibile tra Milano e Sesto S.G., lo imbocco per andare al supermercato.
Vado lì perché all’esselunga vicino a casa c’è una fila interminabile, l’ho vista diverse volte, un serpentone di carrelli e poi lo so perchè sulla chat del quartiere c’è sempre qualcuno che si informa e chiede a quelli che abitano nelle torri e vedono la fila dall’alto e ragguagliano continuamente sulla sua lunghezza.
Questo sentiero, dicevo, non è tracciato dalla viabilità, si è formato in modo naturale, dal passaggio di persone che nel tempo l’hanno trovato comodo come scorciatoia in tempi non sospetti, saranno 50 metri per trovarsi dall’altro lato, in terra straniera.
Fino a qualche tempo fa lì c’erano i tralicci elettrici che a furia di proteste hanno da poco interrato.
Lo imbocco guardinga, lo so che sto trasgredendo alle regole, ben due, i parchi sono chiusi e non si può andare in altro comune.
Qualche giorno fa nel vialetto del parco una macchina dei Vigili con l’autoparlante ha gridato “Signora si fermi”, io ero in bici. Mi sono gelata. “Dove sta andando”. “A casa – ho risposto – sono andata dal panettiere” “Sì signora, ma di là è Sesto e l’ordinanza… etc. etc.”Sì lo so, ma per noi è vicino e siamo abituati ad andare lì”.
Sono stati comprensivi, mi hanno però messo in guardia, loro non mi facevano la multa ma chissà, forse al di là del confine un’altra pattuglia avrebbe potuto pensarla diversamente. “Sa sono 400 euro di multa”. Li ho ringraziati molto e sono sgattaiolata via.
Ora sono sul sentiero bardata di mascherina, con gli occhiali appannati e il naso che mi cola per la condensa. Vedo due persone, hanno i cani e sono ferme sotto un albero, forse anche loro si sentono a disagio, gli passo accanto, non ci guardiamo, se fossimo su un viottolo di montagna ci scambieremmo sorrisi e magari due parole sulla lunghezza del percorso. Noi no.
Mi vengono in mente le partigiane che nascondevano le missive nel reggiseno o nei pannolini per recapitarli ai loro compagni. Penso ai migranti che cercano percorsi impervi e inaccessibili per eludere i controlli. Che ansia devono aver provato, certo molto più della mia.
Arrivo al super, fila 15/20minuti, all’entrata, misurazione febbre. Vada e si metta i guanti a disposizione. Faccio la spesa diretta a ciò che mi serve, do solo un’occhiata in cerca di qualcosa di buono, una coccola. Prendo le pesche sciroppate.
Chiedo dell’alcool, mi dicono che non è sugli scaffali, ne danno solo uno a famiglia, lo trovo alla cassa. Io non ce l’ho mai in casa, ora mi serve, ho sentito che la mascherina si può disinfettare. Si mette un dito di alcool sul fondo di un contenitore, si aggancia la mascherina al coperchio e si richiude, gli effluvi la bonificano. Una delle tante bufale, ma lo scoprirò dopo.
Comunque me lo stavo dimenticando, l’alcool, lo chiedo in extremis e la cassiera mi manda nella cassa più in là dove ne è rimasta una sola bottiglia, l’ultima, l’afferro. Che fortuna!
Torno a casa, faccio l’operazione mascherina poi mi fermo, mi guardo come se guardassi un estraneo, ma cosa stai facendo, non sei tu, non è la tua vita.
Mi affiorano immagini che in questi giorni mi accompagnano, Blade runner, 1984, La strada, Cecità, mi hanno clonato, non sono io, non è la mia vita, Diomio sono in mondo parallelo.
Vi prego svegliatemi!
CI VUOLE PAZIENZA
Ogni mattina la prima cosa che faccio quando apro gli occhi è guardare verso la tapparella, alla sera la lascio con qualche spiraglio così capisco che giornata mi aspetta.
Il sole filtra , nei coni di luce il pulviscolo si muove, i ragggi si specchiano contro la parete, disegnano righe di luce e righe d’ombra.
Anche oggi è una bella giornata! Bene.
Che spreco però, da quando siamo chiusi in casa sembra una beffa.
Tempo splendido e si che siamo in aprile e si sa ogni goccia un barile, niente.
E quell’altro, Palme asciutta Pascqua brutta, niente.
E il 25 aprile? Voglio proprio vedere.
Anni e anni di manifestazioni sotto la pioggia, ombrelli che gocciolavano nei colli fino a bagnarci le mutande…che assembramenti!
Come amo gli assembramenti!
Vado in cucina, apro la finestra, rumore di tagliaerba, certo l’erba cresce e bisogna tagliarla, ma allora è tutto normale.
La caffettiera borbotta. La colomba mi aspetta, ma allora è tutto normale.
La la radio diffonde una piacevole musica. Bene. Allora è tutto normale.
Arriva una telefonata di un ascoltatore racconta della sua mamma è ricoverata al Trivulzio, sa poco di lei, la mamma ha l’Alzheimer gli dicono che non vuole più mangiare né alzarsi, è angosciato e io con lui.
Non è tutto normale.
Esco in balcone, che bella luce.
Guardo le mie piante, si un po’ sofferenti ma resistono. Ogni mattina controllo le nuove foglioline e se ci sono segni di boccioli, in fondo a me intessa la fioritura! Stamattina la margherita che davo per spacciata ha delle palline nuove, mi sa che sono proprio esordi di bocciolini. Che bello!
In altri tempi avrei già riempito i vasi di piantine nuove, non ho la pazienza di aspettare che quelle dell’anno prima si decidano a germogliare, ci vuole troppo tempo e allora le compro già fiorite, mi danno allegria. Avevo fretta.Tutto e subito!
Che flash! Era una slogan degli anni settanta quando si pensava che la rivoluzione fosse imminente, ma questa è un’altra storia.
Oggi osservo, scruto, incoraggio, mi trattengo e….aspetto.
Un lento e faticoso esercizio di sopravvivenza.
Ci vuole pazienza.
UNA CHAT TRA AMICHE
È il pomeriggio di Pasqua, abbiamo un appuntamento alle 17 io, Lisa, Marion e Berta.
Siamo quattro amiche incotrate una decina di anni fa, ognuna col suo bagaglio di vita, chi più chi meno malconcia.
Ne abbiamo passate altre in questi anni ma ci siamo anche tanto divertite.
Abbiamo fatto vacanze, shopping, visitato mostre, volontariato, ballato e parlato tanto.
Ci vogliamo bene.
17.10 pronte! Parte la chat.
Ciao come state? Espressioni vaghe, sospiri….Sì bene.
Ci guardiamo, i nostri visi sono distorti nel monitor, dal vivo siamo più belle.
Guardiamo le altre ma vediamo anche noi stesse.
I capelli si sono allungati siamo un pò scarmigliate, Berta ha una fascia che le raccolglie i capelli. Lisa “Madonna ragazze che crescita”.
Marion ci mostra la scriminatura “Ho comprato la tinta al super, un castano chiaro, bho!”
“Ma nooo” dice Berta ” per te non va bene il castano chiaro, è troppo scuro, devi prendere un biondo scuro”.
“Vabbè ormai ce l’ho…vediamo”.
Berta stava riordinando i cassetti, ci fa ridere!
Oggi è Pasqua! Ma ormai tutte le convenzioni sono saltate.
Ci relazioniamo sui vari cibi come è diventato usuale in questi giorni.
Diventeremo delle palle ambulanti.
“Però ragazze” bisbiglio io ” oggi sono uscita due volte, piccoli giri, però 2/3 km li ho fatti”
Berta scatta” Fermati! non dire altro perchè mi fai incazzare!”. Mi rimprovera sempre perchè esco.
Altrettanto reattiva io “Ma insomma, 200 mt. a destra, 200mt. a sinistra, 200 a avanti, 200 indietro si fa in fretta a fare 2 Km. Ma poi a te che ti importa?”.
Silenzio. Visi immobili.
Marion rompe la tensione ” Anch’io oggi ho camminato intorno a casa di mia mamma con la vicina qui non c’è nessuno. Ma voi oggi non dovevate mangiare insieme ?” si riferisce a Berta e Lisa che abitano nella stessa casa e sono in quarantena da un mese.
Solo che Berta aveva invitato anche Luca che fa l’autotrasportatore quidi non in isolamento completo e allora…
“No! alla fine ognuno a casa sua. Lisa era incerta e Luca stamattina mi dice ma faremo bene? E allora ho detto lasciamo perdere così siamo tutti più tranquilli. Ognuno a casa sua”.
“Hai fatto bene Berta ” commenta Marion.
“Eh già tu non puoi capire sei in compagnia, col fatto che sei da tua mamma, non ti puoi lamentare, oggi hai pranzato con tua cugina, ieri tua sorella vi ha portato la spesa, ma io non ce la faccio più a stare in queste quattro mura”.
“Dai Berta” interviene Lisa “le tue però sono quattro belle mura, hai anche un terraz..” Non la lascio neanche finire, “E no scusate… ma io sono stufa di sentirmi dire che sono fortunata, non mi aiuta, lo so da me, voglio un pò di empatia voglio essere capita, lo so che c’è chi sta peggio!” sono scattata come una molla e pensare che non si rivolgeva neanche a me. Mi sarei mangiata la lingua.
Silenzio ..tensione.
“Su dai ragazze siamo tutte un pò nervose” Marion cerca di smorzare
Isa però si è rabbuiata. E’ rimasta colpita dalle mie parole e anche se cerco di rimediare non serve.
Con voce incerta interviene “Bhe! se volevate darmi motivo per farmi sta male tutta la settimana, ma proprio insensibile non lo sono. E se proprio vogliamo parlare di empatia, io in questi giorni ho sognato..ho sognato… “
Fa fatica a proseguire.
Capisco perfettamente che tutte abbiamo il nostro carico di ansia.
Occhi che vagano, silenzio.
Lo rompe Marion ” Poi anche sullo stare in compagnia avrei qualcosa da dire, almeno voi non avete preoccupazioni per la salute di altre persone, ma di questo ne parliamo un’altra volta”.
Insommma ci siamo infilate in un groviglio di emozioni e di sentimenti dal quale è difficile districarsi.
“Vabbè torno a riordinare i cassetti”.
“No aspetta dai! Non possiamo lasciarci cosi”.
“Massì stavo mettendo in ordine le mutande.
Le stavo dividendo in slip, tanga e perizoma ma ho pensato di eliminare i perizoma ..tanto non li userò più!”
Una risata collettiva e liberatoria.
E quasi in coro “Noooo!!! Non buttarli ma cosa dici? Vedrai che torneranno utili, verranno tempi migliori tempi migliori!”.
Ancora una risata leggera, per un attimo sembra di essere tornate alla normalità.
E poi mani che sventolano, baci soffiati nel video, sorrisi malinconici, occhi che che si cercano.
Ho voglia di vedervi ma vedervi davvero.