Qui, Madrid
Fabio Fussi
“Ahhh…dopo un 2018 in movimento continuo, nel 2019 non ho quasi fatto viaggi fuori dall’Europa. E ora….voglio proprio riprendere nel 2020”. Questo era quello che mi auguravo. Finora invece, no viaggi in Europa, neanche in Italia, neanche a Madrid, da tre mesi…viaggio tra la camera, la sala, la cucina, e il terrazzo. Era anche l’anno in cui le relazioni stabilite a Madrid con varie attività, si stavano trasformando in un ambiente che mi faceva un po’ sentire sempre più a casa. Beh, sì, le relazioni ci sono, virtuali, un’infinità di contatti in zoom con il gruppo di teatro del quartiere (per sviluppare uno spettacolo sul rapporto tra le persone e la sessualità, quasi una barzelletta per chi è chiuso in casa), la rete di aiuto solidale per i poveri della zona che non riescono a tirare avanti, il gruppo di teatro degli studenti e gli incontri con le classi, quando ognuno piano piano si nasconde, scivolando sotto le sedie, e dando come unico segnale di vita il “bip” di whatsapp che risuona tra loro mentre cerco di coinvolgerli nella lezione. Spero solo che non mi stiano insultando, o almeno, con affetto.
Ma intanto, tornano a fiorire i contatti in Italia con amici sparsi, che da tempo non si vedevano, ma ora ci si riprende a vedere in questa dimensione virtuale. Certo, con amici e famiglia, I contatti virtuali vanno stretti, soprattutto quando si hanno situazioni difficili e non ti puoi muovere rapidamente per essere vicino. Sono sempre stato vagabondo e indipendente, ma in certe situazioni delicate la lontananza pesa. E un po’ capisco cosa possono vivere gli emigranti emotivamente. A Madrid ho sempre pensato che con un volo economico torno a Milano in meno tempo che andare da San Siro a Corvetto con il traffico, ma in questo momento mi sembra paradossale, mi sembra di essere dall’altro lato del mondo.
Comunque ho creato il mio ambiente in casa. E visto che fisicamente non c’è nessuno, sto dando vita ai personaggi che ho portato dai miei folli viaggi del 2018 per rendere accogliente questa nuova casa a Madrid. Statue, maschere, che prendevo nei vari paesi per curiosità, quasi in modo compulsivamente capitalistico, che ora diventano i miei compagni della vita quotidiana. Per questo inizio a guardarli, a dargli un nome. C’è Mamadou, molto magro e un po’ legnoso, con in testa una zucca, che due anni fa ha lasciato il Gabon per venire a Madrid. Poi c’è una elegante giraffa nigeriana, che invece di correre per la savana, è appoggiata di fianco al divano. Per consolarla, ogni tanto la invito a bere qualcosa, così ci facciamo compagnia.