Devo Uscire
Giuseppe Buonofiglio
La TV a reti unificate continua a trasmettere uno spot “organizzati la giornata”, “organizzati la giornata” lo manda a tutte le ore. Io piano piano mi sono organizzato, almeno la mattina; Silvia in cucina a far videolezioni, Giorgio in camera sua a scuola, io in camera, in cassa integrazione, sdraiato sul letto organizzato, il telefono per facebook, il tablet per i sudoku e un libro, Martin Eden di Jack London. Alterno tra un sudoku e l’altro, un’occhiata a facebook e qualche pagina del libro tanto ho tempo per finirlo, non esco, resto a casa.
Il venticinquesimo giorno della mia quarantena squilla il telefono, non posso non sentirlo è di fianco a me, un numero sconosciuto sul display, rispondo. Una voce dall’altra parte mi dice “Mi hanno dato il tuo numero, sono dell’area Integrazione, so che sei libero da altri lavori, a noi serve una persona per integrare l’équipe di lavoro, che fai accetti?”. Io “Ehmmmm”, ansia, lei insiste “Mi serve una risposta subito, che fai accetti?”. Io “Ehmmmm”, ansia, lei capisce e mi dice “Pensaci un po’, ti chiamo oggi pomeriggio alle due e mezza”. Penso e ripenso, mi dico ho già rifiutato il lavoro in comunità che faccio? Penso e ripenso, il contratto mi scade a giugno se rifiuto poi me lo rinnoveranno? Ansia. Alle due e mezza precise squilla il telefono, ansia che cresce, e lei “Che fai accetti”, trattengo il fiato e dico “Si”, ansia. Passa il weekend e arriva il primo giorno del ritorno a lavoro, ansia, mi preparo come al solito, doccia barba mi vesto con quello che capita, che giacca metto? L’ultima volta che sono uscito faceva freddo e allora metto quella pesante, all’ingresso metto guanti e mascherina, sto per uscire, ansia, mi fermo, domanda: come farò a fumare con la mascherina? Me la levo e i guanti? Però avrò sicuramente toccato qualcosa di infetto poi ci tocco la sigaretta che metto alla labbra e tac mi infetto, ansia, torno indietro, prendo un altro paio di guanti cosi tolgo quelli infetti fumo e metto i nuovi ok sono pronto esco, ansia. Il primo appuntamento di lavoro é in via Capo di Lucca, al banco alimentare, ci si arriva in venti minuti camminando. Per strada c’è poca gente, ho caldo, sudo, sarà l’ansia penso, qualcuno per strada lo incontro, ansia e continuo a sudare, a testa alta simulando sicurezza li guardo negli occhi cercando di dirgli “Io mi sposto da quel lato e tu vai dall’altro ok?”, mi faccio capire e si spostano. Arrivo, saluto da lontano il nuovo collega, sudo, carichiamo i pacchi di cibo e andiamo. Poco dopo arriviamo al campo sosta di Sinti e Camminanti, ma qui non cammina nessuno, sono tutti fermi seduti qua e là su vecchie sedie, su muretti sberciati, appoggiati a macchine che mandano musica, tutti in maglietta, io sudo e capisco, cazzo, ho sbagliato giacca, dovevo mettere quella leggera. Sono tutti molto cordiali, chiacchieriamo, distribuiamo i pacchi di cibo e loro fanno battute a raffica io sorrido a tutte le battute poi alla fine, prima di andar via, mi rendo conto che il mio sorridere alle battute sotto la mascherina non lo ha visto nessuno.