Corri, corri
Antonella Piccolo
Per potervi dire come si è trasformata la mia vita in quarantena, bisogna che io vi descriva la mia casa, che poi non è proprio una casa…è un laboratorio seminterrato che per darci un tono chiamiamo loft, ma è comunque un seminterrato. Niente balconi. In questo momento una vera sfiga. E’ la vecchia sede di una compagnia teatrale milanese chiamata i Dionisi…quando entrammo a vivere qui, circa 5 anni fa, ci trovammo in eredità una maschera di Dioniso, un’immagine della madonna e una di Gesù.
E devo dire che in questi giorni stanno proprio tornando utili. A ciascuno di loro una domanda precisa… alla Madonna di solito chiedo di proteggere la mia famiglia e gli amici, a Gesù domande divinatorie ad esempio “ma l’Umanità come ne uscirà da tutta questa vicenda? Come ci guarderemo? Ma Avremo il coraggio di ricominciare ad abbracciarci ancora? Come sarà il primo giorno post tutto? E così via…E poi ci sono le domande a Dioniso “Oh Dioniso, ma quand’è che potremo fare festa? Ubriacarci e ballare ballare fino allo sfinimento? Dioniso ma come la mettiamo con tutte quelle cose che erano belle proprio perché venivano fatte con tanta gente tipo andare a teatro, fare il teatro, andare ai concerti, al cinema….” Dioniso al momento tace.
Laboratorio. Ciò che distingue un laboratorio da una casa normale è l’assenza di muri divisori. Ovvero, in un laboratorio, nel nostro in particolare, i muri non esistono. O meglio gli unici spazi chiusi sono il bagno, la camera di Nina, mia figlia, e lo sgabuzzino che abbiamo trasformato in cabina armadio. Ecco dunque che l’accaparramento del punto della casa da cui lavorare è stata una grande opera di mediazione familiare tra Nina, Manu, padre suo e compagno mio, e me. Il punto della casa da cui io lavoro dipende dunque da una serie complessa di equilibri familiari. La mattina ho vinto io la stanza di Nina mentre Nina e Manu lavorano negli spazi aperti della sala cucina. Il pomeriggio, Nina si trasferisce nella sua stanza, Manu rimane nella sala e io migro dal letto di Nina al tavolo della cucina, alla cabina armadio se necessario. La sera, invece, come in questo momento, io vinco la sala, Nina la sua stanza, Manu il letto. Da questi punti ognuno svolge separatamente e rigorosamente autonomamente i propri affari. Con una pausa pranzo comune.
C’è poi un momento della giornata in cui almeno due di noi (io e Nina) condividiamo stesso spazio e stessa attività. Alle sei e mezza è il momento di fix fit, in stanza di Nina o in sala…questo dipende dalle interrogazioni a distanza che Manu fa a quei malcapitati di studenti liceali. Comunque il momento fix fit è un momento magico. Funziona così: Fixfit è un sito di fitnesssss a casa, tu entri e formuli il tuo diario. Puoi scegliere tra due opzioni: snellente/ bruciagrassi oppure tonifica e rassoda. Dopo aver studiato un po’ di tutorial, ho capito che era meglio partire dallo snellente bruciagrassi perché è più basico. Dopodichè scegli il livello: principiante- intermedio- avanzato- Io sono nei principianti..anche se alla fine di questa settimana forse passerò di livello ed entrerò negli intermedi. Oleeee.
Dopodichè, fixfit tutti i giorni alle 8.30 del mattino mi manda una mail che dice così:
“Felice Mercoledì ANTONELLA! Dai che oggi si lavora! Il mercoledì spacca la settimana! Ci alleniamo 35 minuti oggi! Un solo allenamento! Preparati per un allenamento brucia grassi senza salti base più”. CONCENTRATI SULLA TECNICA PER ABITUARTI AL LIVELLO INTERMEDIO”. E io mi concentro. Alle sei e mezza di pomeriggio il momento più atteso della giornata arriva, puntuale. Tappetino e asciugamano vengono stesi nella stanza di Nina. Dobbiamo solo trovare una soluzione per il lampadario che tutte le volte che facciamo il Jumping Jack ci prendiamo dentro con le mani e fa malissimooo.
Ma prima di arrivare alle sei e mezza del pomeriggio ce n’è di strada da fare…perché per fortuna il mio mestiere mi tiene legata al mondo fuori, alla comunità anche ora. C’è chi parla di questo tempo come tempo sospeso, dilatato. Il mio tempo si è accellerato, corre veloce velocissimo, e non è mai sufficiente. Che qui non cè tempo da perdere. Questo tempo è un tempo di azione e risposta veloce, ora più che mai. Lavoro con ragazzi e famiglie in difficoltà, insomma coi poveri. Per loro questo tempo non è il tempo della riflessione che ci renderà migliore, è una vera tortura. Si vive in sei in 40 metri quadri, con 4 figli e un solo cellulare per fare le videolezioni con la scuola. Tutti compressi, 24 ore su 24, non ci sono i PC e non c’è più nemmeno da mangiare.
E allora corri corri, per capire chi non ha il PC e come fare per rimediarlo, corri corri per capire chi si sta puzzando di fame e trovare il modo di consegnargli del cibo. E la lista si allunga giorno dopo giorno. Corri corri che …. C’è Jerome da svegliare che da quando non va più a scuola dorme fino alle tre del pomeriggio e buca tutte le lezioni con classroom. C’è Nicolas che non parla una parola di italiano e come diavolo fa a seguire le lezioni di scuola? C’è Habiba che lei con l’inglese è una vera ciofeca e la prof insiste che vuole interrogarla ad ogni costo anche a distanza…C’è Faiza che l’altro giorno Betti, la mia collega, le ha chiesto in videochiamata whatsapp se le faceva vedere l’indice del libro di geografia per capire cosa doveva studiare e lei le ha fatto vedere l’indice della mano destra. Cè Mariela che lei i compiti non ce li ha perché non è mai riuscita ad iscriversi a scuola. C’è Sole che siccome odia quella casa e quella famiglia una sera si è chiusa in bagno e ha cominciato ad inviare pezzi di corpo via instagram a uno che diceva di avere 17 anni e che le ha promesso 10.000 euro per scappare con lui……corri corri che oggi finalmente sono arrivati i PC e non c’è tempo da perdere, che adesso i PC bisogna consegnarli a domicilio perché Via Padova è piena di militari e la gente ha paura ad uscire di casa. E allora, caricati i PC nello zaino, che poi sti PC che ci hanno dato pesano 4 kg l’uno, e via con le consegne a domicilio, in bicicletta…che bello correre in bicicletta, non me lo ricordavo più..
Poi all’improvviso mi fermo, per prendere fiato che non sono più abituata a correre in bicicletta, giusto un attimo. E mi viene in mente una cosa che Habiba l’altro giorno ha detto a Marco, il mio collega…”Sai Marco, quando mi chiami è come se la mia finestra si apre sul mondo”.
E allora corri corri che qui c’è bisogno di aprire tutte le finestre, che nessuna deve rimanere chiusa.